L’insostenibile pesantezza dell’essere (umani)

Siamo a un altro giro di boa. Sembra passata solo qualche settimana da quando stavamo mettendo via lucine e decorazioni dopo le feste, ed ora senza neanche rendercene conto siamo arrivati di nuovo a dicembre. Solamente con 12 mesi e qualche burnout in più sulla schiena.

Ci siamo quasi, Natale ormai incombe su di noi con i suoi Babbi appesi a ogni balcone e la sessione invernale si avvicina silenziosa come un leone all’ignara gazzella (ovvero lo studente), per non parlare di quell’afflizione meglio conosciuta come: “Che cosa fai a Capodanno?” e le conseguenti proposte becere su come festeggiare la fine del 2019.

Sembra tutto perfetto: l’atmosfera è festosa, le luci accendono le vie e noi, beh…. noi facciamo tutti un po’ schifo. E non parlo del fatto di aver smesso di fare sport per diventare un vegetale davanti a Netflix, o dell’autoflagellazione a cui ci sottoponiamo rendendoci conto che manca un mese agli esami e non abbiamo neanche comprato i libri. Né tantomeno dell’aver scaricato il/la fidanzat* una settimana prima di Natale con un messaggio su Whatsapp (bestie di Satana).

Parlo del fatto che ogni anno che passa stiamo perdendo sempre di più la nostra umanità, e perfino a ridosso del periodo in cui più dovremmo mettere in atto quelle qualità che ci rendono umani, tutto sembra cadere a pezzi. E non mi venite a sciorinare che “A Natale siamo tutti più buoni”, perché si tratta di un buonismo passeggero che funziona con lo stesso meccanismo di un’influenza: dura una settimana o massimo due, per poi sparire fino al gelo successivo, ibernato insieme a Bublé.

La verità è che Natale è forse il periodo più ipocrita dell’anno, come se fosse sufficiente vedere “Il Grinch” per sentirci inondati di peace and love e travestirci da buoni samaritani pronti a porgere l’altra guancia. Il fatto è che noi siamo e restiamo i soliti di sempre, buoni o cattivi che sia, e non c’è nessuna Mariah Carey in un vestito di latex rosso che possa farmi cambiare idea.

Nessuno diventa magicamente migliore a Natale, anzi siamo tutti un po’ più falsi. Instagrammiamo i nostri cenoni di Natale manco fossimo la famiglia del Mulino bianco (#bestfamily), per poi passare la serata incollati al telefono a dire ai nostri amici quanto ci stiamo annoiando. Compriamo regali senza metterci il minimo impegno, figuriamoci il cuore, per poi lamentarci quando riceviamo lo stesso trattamento. Per non parlare dello spreco, non solo materiale ma soprattutto emotivo. Spreco di tempo, di parole, di gesti e abbracci. Spreco di umanità in situazioni di circostanza, quando già non ce ne resta molta.

Per poi concludere il tutto in bellezza alla vigilia del nuovo anno con la lista dei buoni propositi, che ha più o meno la stessa valenza dell’oroscopo di Paolo Fox: inutile, ma che ogni volta ci fa sperare che l’anno successivo sarà diverso e migliore.

Ma perché sbolognare tutto questo cinismo proprio ora? Semplice: perché siamo a un punto di non ritorno. Le nostre connessioni umane stanno collassando sotto alla nostra ipocrisia, e specie in un periodo come questo dovremmo essere in grado di rendercene conto e fare uno sforzo per riguadagnare un po’ di autenticità.

Perciò per una volta, invece di stilare la solita lista di obiettivi cambia-vita per il nuovo anno che non verranno mai portati a termine, come iniziare la dieta del gambo di sedano o darsi all’ippica, vi invito a concentrarvi su un solo proposito per questo 2020: cercate di essere più umani, e magari il prossimo anno sarà migliore sul serio.

Ilaria Erbice

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