Sei sveglio. Il tuo corpo è avvolto da un denso intorpidimento, una nebbia che pian piano si dirada lasciando spazio a un senso di nausea e a un forte mal di testa. Difficile dire per quanto hai dormito, le ore sembrano anni e gli anni sembrano istanti nei sogni fugaci che abbandonano la mente appena sveglia. Dopotutto è giusto essere scossi dopo aver completato un lungo viaggio verso un ostile e lontano pianeta. Sbarcati in questo nuovo mondo, un soldato con una profonda cicatrice sul volto si esibisce nell’iconico discorso di benvenuto: «signore e signori, non siete più in Kansas: siete… nel mondo del lavoro!».
Con l’inizio del nuovo anno accademico, in molti si avventurano su questo pianeta alla ricerca di una professione. Chi perché ha ormai conseguito l’agognata laurea, o è in procinto di farlo, chi perché si vede costretto a corroborare le sue esigue finanze. Qualunque sia il motivo che ti ha spinto su questa landa dolorosa, soffermiamoci un attimo per stilare una piccola guida di sopravvivenza.
È difficile ambientarsi all’inizio, ma è possibile riuscirci con pratica e pazienza. L’importante è non farsi tagliare le gambe dalla presunzione di sapere tutto. Infatti, capita che, dopo aver passato anche molti anni a studiare, ci si aspetti di conoscere già tutti i trucchi del mestiere. Purtroppo non è così. Con questo non si vuole rinnegare il lungo percorso di formazione da poco concluso, ma semplicemente considerare le esigenze di un contesto nuovo e peculiare. Il mondo del lavoro e l’università sono due bestie molto diverse, per questo motivo è importante osservare con attenzione gli indigeni del mondo del lavoro: i “colleghi”. Per estrapolare i loro segreti è necessario studiarne la lingua, le pratiche e i rituali. Possono sembrare dei poveri selvaggi a una prima occhiata, ma se sono sopravvissuti in un ambiente tanto ostile, ci deve essere un motivo. Col tempo imparerai a conoscere il loro complesso sistema liturgico, fatto di buoni pasto, spiriti magici e giorni di malattia. Facendo ciò, noterai che esiste un luogo speciale per gli indigeni, un tempio naturale la cui sacralità è talmente forte da costituire il cardine fondamentale dell’unità tribale dei colleghi. Loro si riferiscono ad esso come “albero delle anime”, perché da lì scaturisce l’essenza magica in grado di dare pace, vigore e coraggio agli individui che vi si recano. Noi la chiamiamo “macchinetta del caffé”. Approccia questo luogo con cautela, anche se dovrà essere una tappa fondamentale per conquistare la fiducia dei nativi.
Anticamente, per poter entrare a far parte della tribù, ogni giovane collega doveva ammaestrare una feroce bestia volante, dall’apertura alare di oltre 13 metri. Non ti preoccupare, non dovrai affrontare nessuna belva vorace per farti accettare. Dovrai fare molto di peggio.
Esiste una forza oscura che mette in pericolo l’esistenza dei colleghi. Una minaccia insidiosa, che vuole prosciugare il mondo del lavoro della sua ricca vitalità, per svenderla alla scialba logica del profitto a ogni costo. Un potere talmente spaventoso che in molti non lo vogliono nemmeno nominare, ma che alcune tribù hanno coraggiosamente definito “crunch colture”. Si tratta dell’obbligo a sostenere orari di lavoro estenuanti per un periodo prolungato nel tempo. Una richiesta forzata di straordinari, che si ripete così di frequente da andare oltre ogni ragionevole sacrificio necessario per gestire le possibili contingenze. Tutto ciò porta gravi conseguenze sulla salute fisica e mentale dei nativi del mondo del lavoro. La sfida è, quindi, bilanciare la necessaria umiltà di chi si approccia a un ambiente nuovo e vuole dare il massimo, con la spinta forzosa a consumarsi di lavoro. Un equilibrio necessario in ogni ambiente di lavoro sereno. La crunch culture è anche particolarmente insidiosa, perché può trovare i suoi promotori anche tra gli stessi colleghi. In questo modo, la dinamica diventa anche sociale: è molto più difficile sottrarsi alla logica del lavoro sfrenato, quando sono proprio i tuoi compagni di tribù a importela. Eppure, è comunque necessario, anche se capisco che possa essere un appello che cada nel vuoto. Tra poche opportunità, predatori spietati e contratti a chiamata, nel mondo del lavoro non sempre è possibile abbandonare il proprio impiego. Tuttavia, è giusto almeno saper riconoscere la logica dello sfruttamento: nel mondo del lavoro si arriva per restare, quindi, se una posizione è tossica, bisogna lasciarla appena si può. Perché esistono senz’altro ambienti dove il rispetto della persona ha il suo posto.
Solo così il viaggio in questo mondo può essere un percorso di crescita che ti accompagna per tutta la vita. Il viaggio che ti permetterà di diventare il guerriero valoroso che unisce i colleghi contro la cupidigia della logica dello sfruttamento. Solo così potrai portare la pace nel mondo del lavoro e diventare “Toruk Makto”… ehm, volevo dire “un fiero detentore di contratto a tempo indeterminato”.
Luca Montagnana