Abbiamo tutti, chi più e chi meno, sperimentato l’ansia da prestazione quando siamo stati chiamati a metterci alla prova con gli altri, ma soprattutto con noi stessi. Bene, dalle superiori questi momenti hanno rappresentato una delle mie maggiori paure, che ancora oggi, nonostante diversi progressi, devo ancora imparare ad affrontare completamente. Mi sono sempre convinta che le persone che mi hanno accompagnato nel mio percorso di vita e scolastico, avessero molte e alte aspettative su quelli che dovevano essere i miei risultati e successi. L’idea che mi ero creata nella testa era quella che la mia persona venisse svalutata nel momento in cui avessi commesso un passo falso. Il pensiero ricorrente che ogni errore e ogni fallimento potesse essere giudicato negativamente da qualcun’altro, o che semplicemente le miei azioni non raggiungessero gli standard prestabiliti, mi ha fatto scivolare in una sorta di insidiosa palude della paura di non essere all’altezza. Un esempio significativo di questa sensazione può essere rappresentato dal salto in alto, disciplina che dovevo svolgere durante le ore di motoria al liceo ad ogni inizio dell’anno e che, per quanto stupido potesse sembrare, mi terrorizzava. Una paura insensata, senza ombra di dubbio, eppure era un timore che avevo e che mi costringeva ogni settembre dei miei cinque anni di liceo ad aspettare che tutti i miei compagni avessero svolto la prova e che fossero andati a cambiarsi in spogliatoio per permettermi di rimanere da sola e limitare gli sguardi giudicanti su di me ai soli occhi della professoressa. Credevo fermamente che se non avessi superato quella asticella, obiettivo inoltre ostacolato dal mio umile metro e cinquantaquattro di altezza, o che se fossi inciampata nel salto avrei ricevuto lo scherno dei miei amici, i quali non si sarebbero mai tolti dalla testa la mia figuraccia. Questa paura non ha fatto altro che autoalimentarsi durante tutto il corso delle scuole superiori, così tanto da avermi portato a generalizzare l’immagine dell’asticella in molti campi della mia vita quotidiana: mi sono esposta sempre meno, avevo paura del fallimento e di rimanere da sola perché mi pensavo inadeguata.
La verità? É che tutti questi non erano altro che trip mentali che agli occhi degli altri venivano interpretati come semplice timidezza o bassa autostima. Sono così caduta nell’ ingannevole trappola di dover essere a tutti i costi all’altezza. Per fortuna non si tratta di un’insidia come le sabbie mobili dove più ti muovi e più affondi, la associo piuttosto ad un labirinto. In quest’ultimo infatti la via d’uscita esiste, ma per raggiungerla bisogna mettersi nell’ordine delle idee che nel momento in cui il muro o la siepe del labirinto ci bloccano, non siamo sconfitti, dobbiamo solo indietreggiare e ritentare munendoci di coraggio e anche un po’ di fiducia, che non fa mai male.
Lo so, è più facile a dirsi che a farsi, di questo ne sono ben consapevole. Nonostante sia un cammino di “guarigione” che sto ancora portando avanti, spero possa essere di utilità a qualcuno condividere alcune riflessioni maturate da questa mia esperienza.
1: non avere paura di esprimere quello che si sente.
Una delle primissime cose che ho imparato e che sto ancora affinando, è quella di riuscire ad esternare ciò che provo ed espormi, con chi ritengo di fiducia, riguardo le mie insicurezze e i miei dubbi. Da questo punto di vista io ho trovato nella mia famiglia un punto di riferimento che mi ha sempre dispensato consigli utili e che mi ha aiutata a vedere l’infondatezza di alcune mie incertezze.
2: non rinunciare a momenti significativi insieme ad amici o ad altre persone solo perché ciò implicherebbe mettersi in gioco in un modo o in un’altro. Non potrà essere tutto contrassegnato da successi e vittorie, infatti come ci hanno detto dalle elementari, «dai propri errori si impara»; non devono essere questi ad impedirci di affrontare le sfide che la vita propone.
3: non bisogna spaventarsi dei “ritorni di fiamma”. Ci saranno sempre tante prime volte e non tutte potrebbero avere il finale da noi desiderato. Io stessa come matricola ne sto affrontando diverse, consapevole che le esperienze maturate rendono il mio passo più fermo, ma non certo il mio cuore privo di timori. Tuttavia, come per qualsiasi nuovo percorso, il bello sta nell’affrontare le sfide e provare a superarle anche a costo di fare cadere più e più volte quella benedetta asticella, che non è certo misura del nostro vero valore.