La corsa al sogno americano: DREAMers vs Trump

Che nel suo primo anno alla Casa Bianca Donald Trump abbia stravolto la politica americana degli otto anni precedenti è un dato di fatto. Che lo abbia fatto in peggio, è dato altrettanto noto. Per farsi un’idea della crisi imminente a cui, nel gennaio 2017, stavamo andando incontro, sarebbe bastato fare attenzione alle parole “carneficina americana” usate da Trump al momento del suo giuramento a Washington, e alla Women’s march di protesta svoltasi lo stesso giorno.

Da quel momento in poi, il tycoon di New York ha messo al centro del suo programma se stesso e i suoi interessi, facendo esplodere nel Paese tensioni etniche e sociali, oltre che divisioni sul piano internazionale. Al giorno d’oggi, l’ultima decisione controversa del presidente U.S. riguarda uno dei temi che più stanno a cuore agli americani: la questione del DACA.

Per chi non ne avesse mai sentito parlare, il “Deffered Action for Childhood Arrivals” (DACA), “aggiornamento” del DREAM Act proposto nel 2001, era uno dei capisaldi dell’amministrazione Obama per ciò che riguardava il tema dell’immigrazione. Il programma in questione, datato giugno 2012, aveva due obiettivi principali: assicurare agli immigrati irregolari sbarcati da bambini sul suolo americano (i cosiddetti DREAMers) l’immunità dall’espulsione dagli Stati Uniti, ed il concedere loro permessi di lavoro.

I benefici del DACA in questi anni sono stati numerosi e hanno giovato al benessere sia di molte famiglie immigrate sia dell’intera economia degli U.S.A.; ciò però non ha impedito a Trump di decretare l’annullamento del progetto, il 5 settembre scorso. Con il suo ultimatum, il presidente ha voluto mettere un punto alla rincorsa all’American dream di circa 800 mila persone, creando scompiglio fra i DREAMers stessi, soprattutto perché la prossima scadenza del programma porterebbe con sé il pericolo reale di un loro rimpatrio forzato nel Paese di nascita entro il marzo 2020.

La condizione attuale è critica e lascia trasparire un futuro tutt’altro che roseo per i DREAMers, anche se l’approvazione alla richiesta del presidente è ora in stand by, in attesa che i vari tribunali federali e la Corte Suprema si pronuncino in merito. Ci troviamo quindi in una situazione di stallo. Che abbia ancora senso, allora, rincorrere il sogno americano? Certo è che i “sognatori” sparsi in America non sembrano voler rinunciare ai loro diritti e darla vinta a The Donald. In Dreamers, Jack Savoretti canta:

Whatever happened to the dreamers
They always look beyond the sky
Saw a world they could believe in
But only when they close their eyes

There were the politicians
Men of the cloth, painters and poets
Starting a revolution
Without even knowing it”.

Noi, calandoci nei panni dei nostri coetanei oltreoceano, possiamo solo augurarci che il loro non rimanga soltanto un sogno.

Ilaria Erbice

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